Eliminando un po’ di preconcetti
Mi ritrovo qui, alla giovane età di 34 anni, a de-costruire un sacco di concetti, preconcetti, che mi sono rimasti appiccicati addosso negli anni.
Io me la ricordo la Moira di 15 anni che stava ore in camera sua a scrivere, io me la ricordo la sensazione di piacere fisico e viscerale che mi dava l’avere una penna tra le dita, il battere sulla tastiera, quasi frenetico. La testa che si scollega, i pensieri che trovano finalmente una traiettoria, una via. La sensazione di spossata felicità alla fine di un estro creativo, come avessi corso una maratona, una botta di benessere totale. (Sarà per quello che non mi è mai piaciuto andare a correre?) Che ne poteva sapere la Me di allora di tutte le cose che sarebbero andate storte nel frattempo.
Di tutte le esperienze che l’avrebbero profondamente cambiata, tanto che se oggi mi vedesse, probabilmente mi schiferebbe. In parte non le potrei dar torto, perché in parte mi schifo pure io.
Non puoi giudicare il presente con gli occhi del passato.
Lei sono stata io, ma lei non è ancora diventata me.
Se vedessi la Moira di allora non so esattamente cosa direi, per non sembrarle banale, per non sembrarle peggio di sua madre. Vorrei dirle di credere in sé stessa, ma lei non sa cosa significhi, vorrei dirle di non mollare, ma lei non lo capirebbe, perché non ha ancora mollato, non mi crederebbe. Cosa potrei dirle? Di non smettere mai di sognare, di non credere a chi dice che i sogni non pagano le bollette, di fidarsi del suo istinto. Fidati di te.
FIDATI DI TE.
Quello si, quello glielo direi. Fidati di te. Fidati del tuo istinto, di quella sensazione che ti prende lo stomaco che solo tu sai, che non sai perché ma alla fine ci prendi sempre. Tu fidati del tuo istinto.
Fidati di te.
Giovane e Saggia
E adesso? Adesso, a me, cosa potrebbe dire lei se mi vedesse? Quale consiglio sarebbe capace di darmi, lei che vedeva il mondo in un modo che io ho dimenticato… che consiglio hai per me, saggia e giovane più di me?
Ad una persona che ha perso la voglia di mettersi alla prova, perché ha paura di sbagliare, perché ha paura di essere derisa, di essere messa sotto osservazione, di essere analizzata, che le facciano domande alle quali non ha risposte, che permette a queste paure di fermarla, di paralizzarla, dimmi, Me, cosa diresti?
Forse mi diresti che non mi giudichi. Che non hai davvero, intimamente, profondamente, nessunissimo interesse ad esprimere un giudizio di nessun tipo, ne morale, ne qualitativo su di me. Mi diresti che sono quella che sono e che al posto di cercare di essere qualcosa che nemmeno capisco dovrei provare a rendere giustizia a ciò che sono, sforzandomi di esserlo di più. Mi ricorderesti che tanto c’è sempre qualcuno che parla male, qualcuno a cui non vai bene, qualcuno che critica, qualcuno pronto a ferirci per sentirsi superiore a noi, ma che siamo noi a decidere se quella persona ha potere o meno su di noi. Davvero ci importa cosa ne pensa certa gente di noi? Persone delle quali noi per prime non abbiamo interesse? Viviamo e lasciamo vivere. Non facciamo agli altri ciò che non vogliamo venga fatto a noi, ma non per questo dobbiamo fermarci perché temiamo che altri non seguano il nostro codice morale, anzi! Dovremmo andare dritte per la nostra strada, proseguire su quello che è per noi il nostro sentiero.
Andiamo per di là… circa
l nostro non-sentiero, perché il sentiero non è tracciato. Appare, momento dopo momento, come i passi… non sai esattamente dove metterai il prossimo piede a meno che tu non lo stia già muovendo. Certo, ne hai un’idea generale, ma se tu dovessi fermarti a decidere ogni millimetro della suola della tua scarpa esattamente su quale millimetro della strada deve appoggiarsi, probabilmente finiresti con il restare come un fenicottero, con un piede per aria. Fenicottera di meno e cammina di più!